Torino, 26 maggio 2025
Il focus della Relazione non può che essere individuato in un elemento storicamente certo: cioè l’indiscusso genio di Leonardo Da Vinci, attivo in pressoché tutte le arti ed industrie umane; e forse neppure nella traccia, che più che lui personalmente (aldilà dell’Autoritratto a sanguigna, custodito a Torino per il lungimirante acquisto fattone da Re Carlo Alberto), ovvero lasciata da amici e allievi della sua scuola, sotto il riguardo di questa o quella opera scultorea – la statua di San Paolo a Saluzzo? – o dipinto (v. infra): quanto nella evidenza di un mondo – quella della fine del 1400/inizio del 1500 -, forse assai più “globalizzato” (tous propotiones gardèes) di quello attuale. Leonardo nacque a Firenze, figlio illegittimo, poi legittimato, di un Notaio ed ivi intraprese i primi studi nell’Arte, in una scuola (“bottega”) che, grazie ad Andrea del Verrocchio (ricordiamo il suo magnifico cavallo nel monumento equestre a Bartolomeo Colleoni), e tramite Domenico Ghirlandaio, Gian Lorenzo Bernini ed altri, lasciò una impronta indelebile nel Rinascimento italiano (che colpì, come vedremo, la Principessa francese – tale perché parente del Re di Francia anche se di “titolo”: “contessa”) – Margherita di Foix, moglie e poi vedova del marchese di Saluzzo Ludovico II, e quindi europeo. Leonardo si trasferì presto a Milano, presso il duca Ludovico Sforza (il Moro), per viaggiare pur sempre fra questa città, Firenze – malgrado i non proprio amichevoli rapporti con Pier Soderini, la Francia – avvalendosi dei rapporti coltivati, anche per il tramite di Goffredo Caroli, poi rappresentante (con il nome francesizzato Goffrè di Charolais), in Milano , del Re Luigi XII dopo la sconfitta dello Sforza ad opera dei Francesi; e, sempre per il di lui tramite, con il già dedotto marchesato di Saluzzo (di cui era nativo il Caroli stesso), non a caso (v.supra) sede delle prime copie della celeberrima “Ultima Cena” del milanese Santa Maria delle Grazie: in una vita spesa fra l’arte, l’ingegneria, la anatomia, lo studio della natura, il fascino della montagna (dalle montagne del saluzzese originò la sua celebre tavolozza in pietra bianca) ma anche di sperimentazione incostante ed interessi spesso volubili. Più che questa o quella singola opera, quel singolo progetto (di un dichiarato pacifista, che, alquanto incongruamente progettava armi da guerra, anche revisionando e aggiornando strumenti precedenti – dai carri falcati di egiziana memoria alla testuggine armata di Vitruvio, trasformata in prototipo di carro armato -); alla volontà di rivitalizzare tecniche passate come gli encausti etruschi, che portarono alla débâcle della Fiorentina battaglia di Anghiari): un genio sempre alla ricerca di un quid novi con cui misurarsi, come il volo di cui pare rimanesse vittima, per fortuna non gravemente, il suo allievo Zoroastro; eclettico al punto da vedersi rifiutare la prima versione della “Vergine delle Rocce”, per richiami provocatori ed anche chiaramente non coerenti con la dottrina ufficiale della Chiesa, ma anche innovativo nella ritrattistica “da spalla”!, per consentire la acquisizione degli sguardi improvvisi delle persone ritratte (così come quello trasfuso nella celebre Gioconda): fino alla celebrità acquisita che da Milano lo portò alla corte di Francesco I, successore di Luigi XII quasi soltanto per essere, presso il castello di Amboise, dove è ancora sepolto, l’intellettuale privilegiato del Re; ma tale da essere trasfuso nella figura di Platone da parte di Raffaello nella celebre “Scuola di Atene”, che ha lasciato in Piemonte – purtroppo non direttamente a Torino – ma in quel marchesato di Saluzzo [come nel Palazzo di Ravello], che si contrapponeva al ducato di Savoia -, questo stretto fra i filo- francesi saluzzesi e i filo-spagnoli del Monferrato (ma i primi in “presa diretta” con i francesi conquistatori di Milano), laddove, proprio questa realtà politica in continua evoluzione, permise che nel saluzzese l’impronta milanese di Leonardo (ben prima del definitivo trasferimento ad Amboise) si concretizza con lasciti culturali radicati nel tempo e che lasciarono nei secoli successivi anche qualche frutto lontano.
